Legge di Bilancio 2024 – Principali novità fiscali

 

Oggetto:  Legge di Bilancio 2024 – Principali novità fiscali


La Legge 30 dicembre 2023 n. 213 (c.d. “Legge di Bilancio 2024”), pubblicata sulla G.U. del 30.12.2023 n. 303, S.O. n. 40, prevede talune novità in ambito fiscale, di cui riportiamo un quadro di sintesi.

L’entrata in vigore delle modifiche è, in via generale, il giorno 1° gennaio 2024.


Sommario

1.    Fringe benefit – Incremento della soglia di non imponibilità per il 2024. 3

2.    Rivalutazione di partecipazioni e terreni 7

3.    Plusvalenze da cessione fabbricati oggetto di interventi con superbonus. 8

4.    Imposizione della costituzione dei diritti reali immobiliari 10

5.    Plusvalenze sulla cessione di metalli preziosi 12

6.    Aumento aliquota cedolare secca locazioni brevi 12

7.    Regolarizzazione del magazzino. 15

8.    Riduzione imposta sostitutiva premi di produttività dipendenti 17

9.    Nuove aliquote per IVIE e IVAFE.. 19

10.  Plusvalenze su partecipazioni realizzate da società non residenti 19

11.  Modifiche al regime transitorio di deducibilità di svalutazioni e perdite su crediti di banche e assicurazioni 21

12.  Interventi “edilizi” – Aumento della ritenuta sui bonifici “parlanti”. 23

13.  Variazione catastale degli immobili oggetto di interventi superbonus. 24

14.  Esenzione IMU per immobili posseduti e utilizzati da enti non commerciali 24

15.  Divieto di compensazione per carichi di ruolo scaduti 25

16.  Presentazione dei modelli F24 contenenti compensazioni – Obbligo di utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate – Estensione. 29

17.  Crediti d’imposta per il settore cinematografico – Modifiche alla disciplina. 30

1.      Fringe benefit – Incremento della soglia di non imponibilità per il 2024

Cfr. art. 1 co. 16 e 17

La norma prevede l’incremento temporaneo, per il 2024, della soglia di non imponibilità dei fringe benefit, in deroga all’art. 51 co. 3, prima parte, del TUIR.

In particolare, la misura di tale soglia è elevata da 258,23 euro a:

  • 1.000 euro per tutti i dipendenti;
  • 2.000 euro per i soli lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico ex art. 12 co. 2 del TUIR.

In caso di superamento del limite, concorre a formare il reddito di lavoro dipendente l’intero importo (non solo l’eccedenza). La soglia di non imponibilità rileva anche ai fini della base imponibile dei contributi previdenziali.

Ampliamento dell’ambito di applicazione

La norma amplia, per tutti i dipendenti (con o senza figli a carico), l’ambito oggettivo di applicazione della soglia di esenzione dei fringe benefit.

A tal fine, il legislatore ha previsto che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, nei suddetti limiti, oltre al valore dei beni ceduti e dei servizi prestati, anche le somme erogate o rimborsate dal datore di lavoro ai propri lavoratori dipendenti per il pagamento:

  • delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale;
  • delle spese per l’affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.

Somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche

L’Agenzia delle Entrate (cfr. Circolare n. 35/2022, § 2.1) ha affermato che rientrano nell’ambito applicativo dell’agevolazione, oltre alle utenze domestiche direttamente intestate al lavoratore:

  • anche quelle intestate al condominio, che vengono ripartite fra i condomini, per la quota rimasta a carico del singolo condomino;
  • in caso di immobile in locazione, anche quelle intestate al proprietario dell’immobile, per le quali nel contratto di locazione è prevista espressamente una forma di addebito analitico e non forfetario a carico del lavoratore (locatario) o dei propri coniugi e familiari, sempre a condizione che tali soggetti sostengano effettivamente la relativa spesa. Resta fermo che, in tale ipotesi, il proprietario che viene rimborsato delle spese sostenute per le utenze non potrà, a sua volta, beneficiare dell’agevolazione in commento per le medesime spese, in quanto queste ultime, oggetto di rimborso, non possono essere considerate effettivamente sostenute.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, il datore di lavoro, al fine di giustificare l’importo speso e la sua inclusione nel limite di cui all’art. 51 co. 3 del TUIR:

  • deve acquisire e conservare, per eventuali controlli, la relativa documentazione, nel rispetto delle disposizioni relative alla protezione dei dati personali;
  • in alternativa, può acquisire una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, rilasciata ai sensi del DPR 445/2000, con la quale il lavoratore richiedente attesti di essere in possesso della documentazione comprovante il pagamento delle utenze domestiche, di cui riporti gli elementi necessari per identificarle, quali ad esempio:
    • il numero e l’intestatario della fattura (e se diverso dal lavoratore, il rapporto intercorrente con quest’ultimo);
    • la tipologia di utenza;
    • l’importo pagato;
    • la data e le modalità di pagamento.

In caso di fatture che riguardino immobili locati al lavoratore, al coniuge o ai familiari, le cui utenze siano intestate al proprietario, è necessario che dalla documentazione o dalla dichiarazione sostitutiva risulti il riaddebito analitico al locatario delle spese relative alle utenze.

In ogni caso, al fine di evitare che si fruisca più volte del beneficio in relazione alle medesime spese, è necessario che il datore di lavoro acquisisca anche una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che attesti la circostanza che le medesime fatture non siano già state oggetto di richiesta di rimborso, totale o parziale, non solo presso il medesimo datore di lavoro, ma anche presso altri.

Resta fermo che tutta la documentazione indicata nella predetta dichiarazione sostitutiva deve essere conservata dal dipendente in caso di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.

La giustificazione di spesa può essere rappresentata anche da più fatture ed è valida anche se la stessa è intestata a una persona diversa dal lavoratore dipendente, purché si tratti del coniuge o dei familiari di cui all’art. 12 del TUIR o, a certe condizioni (ossia in caso di riaddebito analitico), al locatore.

Come chiarito dalla Circolare n. 35/2022, le somme erogate dal datore di lavoro nell’anno 2024 (o entro il 12.1.2025) possono riferirsi anche a fatture che saranno emesse nell’anno 2025, purché riguardino consumi effettuati nell’anno 2024.

Al contrario, le somme pagate per le utenze dal lavoratore dipendente nel 2024, che si riferiscono a consumi di competenza del 2023, già rimborsate o per le quali siano già state erogate le somme dal datore di lavoro in applicazione del precedente art. 40 del DL 48/2023, non possono essere considerate ai fini della nuova agevolazione.

Somme erogate o rimborsate per il pagamento delle spese per l’affitto ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa

Sono attesi chiarimenti ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate su tale nuova estensione, in particolare con riguardo:

  • al riferimento alla “prima casa”, per cui è stata rilevata l’opportunità di specificare se si intenda fare riferimento alla nozione fiscale di abitazione principale;
  • alle spese per il contratto di locazione, per le quali è stato rilevato che potrebbe essere utile specificare se siano comprese, oltre all’importo del canone, anche eventuali spese relative alle imposte di registro e di bollo.

Tale disposizione va coordinata con l’art. 51 co. 4 lett. b) del TUIR, come modificato dal DL 145/2023, secondo cui, in caso di concessione diretta di prestiti ai dipendenti (o del diritto di ottenerli da terzi), il fringe benefit è costituito dal 50% della differenza tra:

  • l’importo degli interessi calcolato al TUR vigente alla data di scadenza di ciascuna rata o, per i prestiti a tasso fisso, alla data di concessione del prestito;
  • l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi.

Pertanto, qualora sia stato concesso quale benefit un prestito al dipendente per il mutuo prima casa (o il diritto di ottenerlo da terzi), resterebbe valida la modalità di determinazione del fringe benefit prevista dalla citata lett. b) dell’art. 51 co. 4 del TUIR.

A titolo esemplificativo, ipotizzando che sia stato considerato un fringe benefit relativo ad un mutuo prima casa concesso al dipendente pari a 1.200,00 euro (calcolato come sopra), tale importo concorrerà alla soglia di non imponibilità delle erogazioni in natura, fissata in misura pari a 1.000,00 euro o a 2.000,00 in presenza di figli. Ipotizzando che il dipendente in questione abbia figli a carico, lo stesso potrebbe quindi ricevere altri fringe benefit per 800,00 euro (2.000,00 – 1.200,00).

Qualora il datore di lavoro abbia rimborsato interessi sul mutuo prima casa pari, per ipotesi, a 500,00 euro, tale somma concorrerà al calcolo della soglia di non imponibilità dei fringe benefit[1].

Adempimenti

La norma prevede che:

  • per l’attuazione dell’incremento della misura sia per i dipendenti con figli che senza, i datori di lavoro provvedono previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie, laddove presenti;
  • per i dipendenti con figli, viene previsto che il limite di 2.000 euro si applica se il lavoratore dipendente dichiara al datore di lavoro di avervi diritto, indicando il codice fiscale dei figli.

L’applicazione della soglia di 2.000,00 euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico, a differenza di quella di 1.000,00 euro prevista per tutti i dipendenti, non è automatica. Infatti, stando alla citata disposizione (analoga a quella prevista per il 2023), il lavoratore dipendente dovrà fornire al datore di lavoro un’autodichiarazione in cui attesti di avere diritto a fruire della soglia di 2.000,00 euro per il 2024, indicando il codice fiscale del/i figlio/i fiscalmente a carico (cfr. Circolare n. 23/2023, § 3).

In assenza di tale dichiarazione, il datore di lavoro non può applicare il limite di 2.000,00 euro, con conseguente applicazione del limite “ordinario” fissato a 1.000,00 euro per il 2024.

I lavoratori per i quali sono venuti meno i presupposti per il riconoscimento del beneficio (ad esempio perché i figli hanno, successivamente alla predetta dichiarazione, conseguito redditi di ammontare superiore ai limiti normativamente previsti per essere considerati fiscalmente a carico nell’anno 2024) sono tenuti a darne prontamente comunicazione al sostituto d’imposta. Quest’ultimo recupererà il beneficio non spettante dagli emolumenti corrisposti nei periodi di paga successivi a quello nel quale è resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto, nel caso di cessazione dello stesso nel corso del 2024.

2.      Rivalutazione di partecipazioni e terreni

Cfr. art. 1 co. 52 e 53

L’art. 1 commi 52 e 53 della Legge di bilancio 2024 ha previsto la proroga della rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni ex artt. 7 e 5 commi 1 e 1-bis della L. 448/2001 posseduti al 1° gennaio da soggetti non imprenditori[2]. Quindi, anche per il 2024 viene sostanzialmente confermata la disciplina prevista per il 2023 e la rivalutazione sarà applicabile alle partecipazioni negoziate in mercati regolamentati e in sistemi multilaterali di negoziazione.

Si ricorda, in estrema sintesi, che la disciplina in disamina consente di rivalutare il costo o valore di acquisto delle partecipazioni e dei terreni posseduti alla data dell’1.1.2024, al di fuori del regime d’impresa, affrancando in tutto o in parte le plusvalenze conseguite, ai sensi dell’art. 67 co. 1 lett. a) – c-bis) del TUIR, allorché le partecipazioni o i terreni vengano ceduti a titolo oneroso.

La rideterminazione deve essere valutata nella prospettiva di un possibile risparmio d’imposta all’atto di una successiva cessione dei beni; occorre evidenziare che:

  • l’imposta sostitutiva del 16% dovuta per l’affrancamento si calcola sul valore di perizia oppure sul valore normale delle partecipazioni ex art. 9 comma 4 lett. a) del TUIR;
  • mentre l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze di natura finanziaria prevede un’aliquota del 26%.

Aliquota: 16%

La rideterminazione del costo fiscale prevede l’applicazione dell’imposta sostitutiva con aliquota unica del 16%, che deve essere versata:

  • per l’intero ammontare, entro il 30.6.2024;
  • oppure, in caso di opzione per il versamento rateale, in tre rate annuali di pari importo scadenti, rispettivamente, il 30.6.2024, il 30.6.2025 e il 30.6.2026;
  • le rate successive alla prima dovranno essere maggiorate degli interessi del 3% annuo, a decorrere dal 30.6.2024.

La rideterminazione si perfeziona con il versamento, entro il 30.6.2024, del totale dell’imposta sostitutiva dovuta o della prima rata.

Partecipazioni non quotate

Per la rideterminazione del valore delle partecipazioni non quotate, occorrerà anche che entro il 30.6.2024 un professionista abilitato (ad esempio, dottore commercialista) rediga e asseveri la perizia di stima della partecipazione alla data di riferimento.

L’imposta sostitutiva si applica sull’intero valore risultante dalla perizia delle partecipazioni non quotate (e non quindi solo sull’incremento di valore attribuito).

Si utilizza il codice tributo “8055” (ris. Agenzia delle Entrate 75/2006).

Partecipazioni quotate

Per la rideterminazione del costo dei titoli, delle quote o dei diritti negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione posseduti all’1.1.2024, il nuovo co. 1-bis dell’art. 5 della L. 448/2001 prevede la possibilità di assumere, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore normale determinato in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nel mese di dicembre 2023 ex art. 9 co. 4 lett. a) del TUIR.

Tale valore deve essere assoggettato all’imposta sostitutiva del 16%. A questi fini, si utilizza il codice tributo “8057” (ris. Agenzia delle Entrate 19.5.2023 n. 23).

Terreni agricoli o edificabili

L’imposta sostitutiva si applica sull’intero valore risultante dalla perizia dei terreni con l’aliquota del 16%.

Per il versamento dell’imposta sostitutiva si deve utilizzare il codice tributo “8056” (ris. Agenzia delle Entrate 75/2006).

3.      Plusvalenze da cessione fabbricati oggetto di interventi con superbonus

Cfr. art. 1 co. 64 – 66

Con riferimento ai rogiti stipulati a decorrere dall’1.1.2024, rientrano tra i redditi diversi le plusvalenze realizzate dalla cessione di immobili sui quali sono stati realizzati interventi agevolati con il superbonus, di cui all’art. 119 del DL 34/2020, che si sono conclusi da non più di 10 anni all’atto della cessione.

Pertanto, ai sensi della norma in questione, nei successivi 10 anni dalla fine dei lavori agevolati con il superbonus, la vendita di tali immobili, è rilevante ai fini delle imposte sui redditi, salvo alcune eccezioni espressamente previste.

La norma troverebbe applicazione in tutti i casi in cui siano stati effettuati interventi per i quali si è beneficiato del superbonus, a prescindere dalla sua misura (110%, 90%, 70% o 65%) e a prescindere dal fatto che la detrazione sia stata fruita direttamente nella dichiarazione dei redditi o che si sia optato per la sua cessione o per lo sconto sul corrispettivo, di cui all’art. 121 del DL 34/2020.

La vendita di dette unità immobiliari nei successivi 10 anni dalla conclusione dei lavori superbonus genererebbe una plusvalenza nel caso i lavori siano stati effettuati dai proprietari, ma anche nel caso siano stati effettuati dagli “altri aventi diritto (ad esempio locatari, comodatari o familiari conviventi).

La norma non consente di comprendere in maniera chiara se gli immobili oggetto solo di interventi “trainanti” sulle parti comuni (condominiali e non) rientrino o meno nella nuova ipotesi di tassazione, in caso di vendita della singola unità immobiliare sulla quale non sono stati effettuati interventi “trainati”.

Si attendono, quindi, chiarimenti ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Immobili esclusi

Sono esplicitamente esclusi dalla nuova ipotesi di tassazione gli immobili:

  • acquisiti per successione;
  • che sono stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei 10 anni antecedenti alla cessione o, qualora tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione sia decorso un periodo inferiore a 5 anni, per la maggior parte di tale periodo.

Modalità di determinazione dei costi inerenti

Con riguardo alle modalità di determinazione dei costi inerenti ai fini del calcolo della plusvalenza, il nuovo art. 68 co. 1 del TUIR, come modificato dall’art. 1 co. 64 lett. b) n. 3 della L. 213/2023, prevede che:

  • se gli interventi superbonus sono conclusi da non più di 5 anni all’atto di cessione, non si tiene conto delle spese relative a tali interventi, qualora si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110% e siano state esercitate le opzioni di cessione del credito relativo alla detrazione spettante o dello “sconto sul corrispettivo”, di cui all’art. 121 co. 1 lett. a) e b) del DL 34/2020;
  • se gli interventi superbonus sono conclusi da più di 5 anni, ma entro i 10 anni all’atto di cessione, si tiene conto del 50% delle spese se si è fruito dell’agevolazione nella misura del 110% e se sono state esercitate le suddette opzioni di cessione o sconto.

Rimane fermo che per gli stessi immobili acquisiti o costruiti, alla data della cessione, da oltre 5 anni, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione, come sopra determinato, è rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

Applicazione dell’imposta sostitutiva

Alle plusvalenze come sopra determinate risulta possibile applicare l’imposta sostitutiva dell’IRPEF del 26%, di cui all’art. 1 co. 496 della L. 266/2005.

4.      Imposizione della costituzione dei diritti reali immobiliari

Cfr. art. 1 co. 92 lett. a) e b)

La legge di bilancio 2024 interviene sull’art. 9 co. 5 del TUIR, mitigando il principio di equiparazione tra cessione a titolo oneroso di immobili e costituzione/ trasferimenti di diritti reali, applicandolo solo laddove le norme non prevedano diversamente. Inoltre, si introduce nell’art. 67 co. 1 lett. h) del TUIR la previsione secondo cui si tassano tra i redditi diversi non solo quelli derivanti dalla concessione del diritto di usufrutto su immobili, ma anche quelli “derivanti dalla costituzione degli altri diritti reali di godimento”.

Cambia, dunque, la fiscalità diretta sulle persone fisiche non imprenditori dei corrispettivi derivanti dalla costituzione dei seguenti diritti reali di godimento su immobili:

  • uso;
  • usufrutto;
  • abitazione;
  • enfiteusi;
  • diritti di superficie;
  • servitù prediali.

La norma in argomento entra in vigore dagli atti di costituzione stipulati dall’1.1.2024.

Prima delle novità in disamina, il predetto art. 9 co. 5 TUIR prevedeva che l’equiparazione tra la cessione a titolo oneroso della piena proprietà degli immobili e gli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento operasse indistintamente ogni volta in cui si configurasse la costituzione o la cessione, a titolo oneroso, di diritti reali di godimento.

Inoltre, l’art. 67 co. 1 lett. h) del TUIR riguardava tra i diritti reali immobiliari i soli “redditi derivanti dalla concessione in usufrutto”.

Analizzando la novità introdotta dalla legge di bilancio 2024 alla luce dell’interpretazione adottata dalla risposta a interpello Agenzia delle Entrate 12.7.2023 n. 381, dall’1.1.2024 rientrano:

  • nella lett. h) co. 1 dell’art. 67 del TUIR gli atti con i quali il pieno proprietario costituisce in favore di un terzo, a fronte di un corrispettivo, un diritto reale di godimento su immobili (uso, usufrutto, abitazione, enfiteusi, superficie e servitù prediali);
    • nella lett. b) co. 1 dell’art. 67 del TUIR, gli atti con i quali il titolare del diritto reale su un immobile procede alla sua cessione a terzi, a fronte di un corrispettivo, per tutta la sua durata residua.

Costituzione di un diritto reale di godimento a fronte di un corrispettivo

Seguendo l’impostazione illustrata sopra, la costituzione di un diritto reale di godimento (usufrutto, diritti di superficie, uso, abitazione, enfiteusi o servitù prediale) prevede l’applicazione dell’art. 67 co. 1 lett. h) del TUIR con questi effetti:

  • non rileva il possesso dell’immobile ultraquinquennale o ultradecennale per gli immobili che hanno beneficiato del c.d. “superbonus”;
    • il contribuente assoggetta a tassazione IRPEF progressiva la differenza tra l’ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione. Non sarebbe, infatti, possibile beneficiare dell’imposta sostitutiva del 26%.

Trasferimento di un diritto reale di godimento a fronte di un corrispettivo

In caso di trasferimento a terzi di un diritto reale di godimento da parte del suo titolare, si applica l’art. 67 co. 1 lett. b) del TUIR la cui disciplina:

  • non assoggetta a tassazione il trasferimento dei diritti detenuti da più di 5 anni o per più di 10 anni per gli immobili che hanno beneficiato del c.d. “superbonus”;
  • prevede il calcolo della plusvalenza imponibile come differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta e il prezzo di acquisto o il costo del diritto ceduto.

Inoltre, previa richiesta al notaio, il cedente può richiedere l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF del 26% per la plusvalenza realizzata, da versare a cura del notaio tramite il modello F24 (art. 1 co. 496 della L. 266/2005).

5.      Plusvalenze sulla cessione di metalli preziosi

Cfr. art. 1 co. 92 lett. c)

La legge di bilancio 2024 elimina la possibilità di applicare la misura forfetaria pari al 25% del corrispettivo per l’imposizione delle plusvalenze sulla cessione a titolo oneroso dei metalli preziosi da parte dei soggetti che non esercitano attività d’impresa.

Tassazione delle plusvalenze su metalli preziosi

L’art. 67 co. 1 lett. c-ter) del TUIR riconduce tra i redditi diversi imponibili le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di metalli preziosi, sempreché siano allo stato grezzo o monetato; non rientrano in questo regime le cessioni di metalli preziosi lavorati come, ad esempio, i gioielli.

I redditi i disamina devono essere liquidati all’interno del quadro RT del modello Unico con imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza realizzata.

Nuova base imponibile in mancanza di un costo documentato

Ai fini della determinazione della base imponibile, si applica l’art. 68 co. 6 del TUIR, ai sensi del quale la plusvalenza è data dalla differenza tra:

  • il corrispettivo percepito o la somma o il valore normale dei beni rimborsati;
  • il costo o valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni altro onere inerente, ivi compresa l’imposta sulle successioni o donazioni, con esclusione degli interessi passivi.

A partire dal 2024, quindi, se il contribuente non sarà in grado di documentare il costo di acquisto, l’ammontare imponibile come reddito diverso sarà pari al corrispettivo percepito.

Considerato che la disposizione è entrata in vigore l’1.1.2024, si ritiene che l’eliminazione della possibilità di determinare forfetariamente le plusvalenze sui metalli preziosi decorra da quelle realizzate dall’1.1.2024.

6.      Aumento aliquota cedolare secca locazioni brevi

Cfr. art. 1 co. 63

La norma ha modificato l’art. 4 del DL 50/2017, che disciplina i contratti di locazione breve, incrementando al 26% l’aliquota della cedolare secca applicabile, su opzione, a tali contratti. È però lasciata la possibilità di conservare l’aliquota ordinaria (21%) per un unico immobile destinato alla locazione breve.

Ambito oggettivo – Locazioni brevi

Si definiscono “locazioni brevi” i “contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”.

Sono assimilati alle locazioni brevi:

  • i contratti di sublocazione se stipulati alle condizioni che configurano una locazione breve (durata massima 30 giorni, eventuali servizi accessori, ecc.);
  • i contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario aventi ad oggetto il godimento dell’immobile da parte di terzi (c.d. “locazione del comodatario”), se stipulati alle condizioni che configurano una locazione breve (durata massima 30 giorni, eventuali servizi accessori, ecc.).

Natura imprenditoriale – Esclusione

La disciplina delle locazioni brevi è riservata ai contratti stipulati al di fuori dell’esercizio di impresa. Per espressa previsione normativa, la fornitura dei servizi di cambio biancheria e di pulizia dei locali non sono idonei, di per sé, a determinare la natura imprenditoriale delle locazioni brevi. Invece, a norma dell’art. 1 co. 595 della L. 178/2020, si presume la natura imprenditoriale in caso di destinazione alla locazione breve di più di 4 “appartamenti” per ciascun periodo di imposta.

La natura imprenditoriale del locatore esclude:

  • la riconducibilità del contratto di locazione alla “locazione breve”, definita dall’art. 4 del DL 50/2017;
  • l’applicabilità della cedolare secca (art. 3 del DLgs. 23/2011).

Cedolare secca – Aliquota al 26%

La legge di bilancio 2024 prevede che, dall’1.1.2024, la cedolare secca trovi applicazione con l’aliquota del 26% in caso di opzione sulle locazioni brevi.

La norma precisa, però, che l’aliquota resta pari al 21% “per i redditi derivanti dai contratti di locazione breve relativi a una unità immobiliare individuata dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi”.

In altri termini, dall’1.1.2024, la cedolare secca sulle locazioni brevi:

  • si applica con l’aliquota ordinaria del 21% sui redditi derivanti da un unico immobile individuato dal contribuente;
  • si applica con l’aliquota del 26% sui redditi derivanti dalla locazione breve di ulteriori immobili;
  • non può applicarsi se il proprietario destina alla locazione breve più di 4 immobili nel periodo di imposta, perché, in tal caso, si ricade nell’esercizio di impresa, che è incompatibile sia con la cedolare secca, che con la definizione di locazione breve.

In ogni caso, posto che l’aliquota ordinaria, per le locazioni brevi, è stata fissata dall’1.1.2024 al 26% e la nuova norma specifica che la “riduzione” al 21% si applica su indicazione del contribuente in dichiarazione dei redditi, sembra che, in assenza di richiesta espressa, seppur in presenza di destinazione alla locazione breve di un solo immobile, questo sconterebbe la cedolare secca al 26%.

Ritenuta del 21% a titolo di acconto

La norma dispone alcuni specifici obblighi in capo ai soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare e/o gestiscono portali telematici mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare. Qualora tali soggetti incassino canoni o corrispettivi di contratti di locazione breve o assimilati, oppure intervengano nel pagamento dei medesimi canoni o corrispettivi, hanno l’obbligo di:

  • operare, in qualità di sostituti d’imposta, una ritenuta del 21% sull’ammontare dei canoni e corrispettivi all’atto del pagamento al beneficiario;
  • versarla all’Erario ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97;
  • operare la relativa certificazione ai sensi dell’art. 4 del DPR 322/98.

La legge di bilancio 2024 dispone che, a decorrere dall’1.1.2024, la ritenuta si ritenga sempre operata a titolo di acconto (mentre, secondo la disciplina vigente fino al 31.12.2023, la ritenuta si riteneva operata a titolo di imposta in caso di opzione per la cedolare secca e di acconto in caso di applicazione dell’IRPEF).

Adeguamento della normativa per gli intermediari non residenti

Allo scopo di adeguare la normativa interna sulle locazioni brevi a quanto sancito dalla Corte di Giustizia Europea (Causa C-83/21 del 22.12.2022), sono stati ridefiniti gli obblighi degli intermediari. In particolare:

  • gli intermediari non residenti in Italia, ma aventi una stabile organizzazione in Italia, adempiono agli obblighi relativi alle locazioni brevi mediante la propria stabile organizzazione;
  • gli intermediari residenti in Unione Europea, ma privi di una stabile organizzazione in Italia, dall’1.1.2024 non sono più obbligati a nominare un rappresentante fiscale, ma potranno scegliere se adempiere agli obblighi di comunicazione, ritenuta e certificazione, previsti dall’art. 4 del DL 50/2017, direttamente oppure nominando, quale responsabile d’imposta, un rappresentante fiscale, individuato tra i soggetti indicati nell’art. 23 del DPR 600/73;
  • gli intermediari residenti al di fuori dell’Unione europea, dall.’1.1.2024 adempiono agli obblighi di comunicazione, ritenuta e certificazione previsti dall’art. 4 del DL 50/2017, mediante la stabile organizzazione situata in uno Stato membro dell’Unione europea, se ne sono dotati; in alternativa, qualora siano riconosciuti privi di stabile organizzazione in uno Stato membro dell’Unione europea, dovranno nominare un rappresentante fiscale individuato tra i soggetti in-dicati nell’art. 23 del DPR 600/73.

7.      Regolarizzazione del magazzino

Cfr. art. 1 co. 78 – 85

La norma consente, a determinate condizioni, di regolarizzare le rimanenze di magazzino, adeguandole alla situazione di giacenza effettiva.

Ambito temporale

La possibilità di aderire alla disposizione riguarda il periodo d’imposta in corso al 30.9.2023 (2023 per i soggetti “solari”).

Ambito soggettivo

La facoltà di adeguamento è limitata agli esercenti attività d’impresa che adottano i principi contabili OIC.

Sono invece escluse:

  • le imprese che adottano i principi contabili internazionali (IAS adopter);
  • le imprese in contabilità semplificata, posta l’impossibilità di fruirne alla luce del criterio di imputazione temporale delle rimanenze.

Ambito oggettivo

L’adeguamento può riguardare i beni di cui all’art. 92 del TUIR. Si tratta, quindi, delle rimanenze:

  • dei beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (art. 85 co. 1 lett. a) del TUIR);
  • delle materie prime e sussidiarie, dei semilavorati e degli altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione (art. 85 co. 1 lett. b) del TUIR).

Sono, invece, escluse le rimanenze relative:

  • alle commesse infrannuali (cioè, di durata inferiore ai 12 mesi), ancora in corso di esecuzione al termine dell’esercizio, valutate in base alle spese sostenute (ex art. 92 co. 6 del TUIR);
  • alle opere, forniture e servizi pattuiti come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale, valutate in base all’art. 93 del TUIR.

Modalità di adeguamento

L’adeguamento delle esistenze iniziali di magazzino può avvenire tramite:

  • l’eliminazione delle esistenze iniziali di quantità o valori superiori a quelli effettivi;
  • l’iscrizione delle esistenze iniziali in precedenza omesse, ottenendo il riconoscimento di costi che, altrimenti, non avrebbero rilevanza fiscale.

Imposte dovute nel caso di eliminazione di esistenze iniziali

Nel caso dell’eliminazione di esistenze iniziali di quantità o di valori superiori a quelli effettivi, occorre provvedere al versamento:

  • dell’IVA, determinata applicando l’aliquota media riferibile all’anno 2023 all’ammontare che si ottiene moltiplicando il valore eliminato per un coefficiente di maggiorazione specifico per ciascuna attività, che sarà determinato da un successivo decreto;
  • di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP.

L’aliquota media IVA è determinata, tenendo conto dell’esistenza di operazioni non soggette a imposta ovvero soggette a regimi speciali, dal rapporto tra:

  • l’IVA relativa alle operazioni, diminuita di quella relativa alla cessione di beni ammortizzabili;
  • il volume d’affari.

Per quanto riguarda l’imposta sostitutiva, la relativa aliquota è stabilita nella misura del 18%, da applicare sulla differenza tra:

  • il valore eliminato moltiplicato per il suddetto coefficiente di maggiorazione, ovvero, l’ammontare dell’imponibile ai fini dell’IVA come sopra determinato;
  • il valore del bene eliminato.

Imposte dovute nel caso di iscrizione di esistenze iniziali

Il contribuente deve provvedere al pagamento della sola imposta sostitutiva del 18%, da calcolare sull’intero valore iscritto.

Modalità di adesione e termini di versamento

L’adeguamento deve essere richiesto nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 30.9.2023 (nei Modelli Redditi 2024 e IRAP 2024 per i soggetti “solari”).

Le imposte dovute devono essere versate in due rate di pari importo:

  • la prima, entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta in corso al 30.9.2023 (30.6.2024 per i soggetti “solari”);
  • la seconda, entro il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi relativa al periodo d’imposta 2024 (30.11.2024 per i soggetti “solari”).

In caso di mancato pagamento delle imposte dovute per l’adeguamento nei termini previsti, si effettuerà l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo delle:

  • somme non pagate e dei relativi interessi;
  • sanzioni conseguenti all’adeguamento effettuato.

Resta possibile avvalersi del ravvedimento operoso, secondo le disposizioni generali.

L’imposta sostitutiva è indeducibile dalle imposte sui redditi e relative addizionali e dall’IRAP.

Effetti dell’adeguamento

La norma prevede che la regolarizzazione non rileva “ai fini sanzionatori di alcun genere” e non ha effetto sui processi verbali di constatazione consegnati e sugli accertamenti notificati fino all’1.1.2024.

I valori risultanti dall’adeguamento sono riconosciuti ai fini civilistici e fiscali a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 30.9.2023 e, nel limite del valore iscritto o eliminato, non possono essere utilizzati ai fini dell’accertamento in riferimento a periodi di imposta precedenti.

8.      Riduzione imposta sostitutiva premi di produttività dipendenti

Cfr. art. 1 co. 18

L’art. 1 co. 18 della L. 213/2023 riduce dal 10% al 5% l’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionale e comunale sui premi di produttività ex art. 1 co. 182 della L. 208/2015, con riferimento ai premi e alle somme erogati nel corso dell’anno 2024.

Soggetti interessati

Possono beneficiare della detassazione i lavoratori del settore privato con contratto di lavoro subordinato, a tempo indeterminato o determinato (compresi i somministrati), che abbiano avuto un reddito di lavoro dipendente non superiore a Euro 80.000 nell’anno precedente a quello di percezione delle somme agevolabili.

Condizioni

Per poter beneficiare dell’imposta sostitutiva sui premi di risultato, il comma 187 prevede che tali somme debbano essere erogate in esecuzione di contratti collettivi territoriali o aziendali di cui all’art. 51 del DLgs. 81/2015, ovverosia stipulati da associazioni sindacali, o contratti collettivi aziendali stipulati dalle RSA o RSU.

Tali contratti devono:

  • essere depositati telematicamente presso la sede dell’ispettorato del lavoro competente per territorio, entro 30 giorni dalla sottoscrizione;
  • prevedere i criteri di misurazione e di verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione;
  • individuare il periodo di tempo congruo, ovverosia l’arco temporale (annuale, infrannuale o ultrannuale) al termine del quale dev’essere verificato l’incremento in questione.

Soggetti esclusi

Sono escluse dall’applicazione dell’agevolazione le amministrazioni pubbliche, di cui si riporta un breve elenco, ossia:

  • tutte le amministrazioni dello Stato;
  • gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative;
  • le aziende e amministrazioni dello Stato a ordinamento autonomo;
  • le Regioni,
  • le Province,
  • i Comuni.

9.      Nuove aliquote per IVIE e IVAFE

Cfr. art. 1 co. 91

È previsto l’incremento delle aliquote delle imposte patrimoniali sugli investimenti esteri. In particolare, dal 2024 l’IVIE passa dall’attuale 0,76% all’1,06%, mentre l’IVAFE si incrementa dall’attuale 0,2% allo 0,4%, ma soltanto per i prodotti finanziari detenuti in Paesi black list.

Con specifico riferimento all’IVAFE, si ricorda che si applica sui prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all’estero. Tuttavia, l’ambito oggettivo della nuova aliquota dello 0,4% risulta circoscritto ai soli “prodotti finanziari”.

Ai fini dell’applicazione dell’IVAFE allo 0,4% rileva il possesso dei prodotti finanziari presso intermediari finanziari residenti nella c.d. “black list” di cui al DM 4.5.99, che reca la lista degli Stati o territori per i quali opera la presunzione relativa di residenza delle persone fisiche.

In merito, si ricorda che il DM 20.7.2023 ha eliminato la Svizzera dalla suddetta black list. Tale modifica decorre dal 2024, con la conseguenza che l’incremento di aliquota dell’IVAFE non potrà riguardare i prodotti finanziari detenuti in Svizzera.

Decorrenza

L’incremento delle aliquote, per IVIE all’1,06% e per l’IVAFE, si applica a partire dall’1.1.2024, anche per gli investimenti esteri effettuati in data antecedente.

10.   Plusvalenze su partecipazioni realizzate da società non residenti

Cfr. art. 1 co. 59

Il co. 59 dell’articolo 1 della Legge 213/2023 ammette al regime di participation exemption (PEX) le plusvalenze realizzate da società ed enti commerciali non residenti senza stabile organizzazione in Italia, ove siano rispettati i requisiti previsti dall’art. 87 co. 1 del TUIR.

Ciò presuppone che la plusvalenza sia tassata anche in Italia, oltre che nello Stato di residenza del cedente, in virtù delle disposizioni interne e delle Convenzioni contro le doppie imposizioni.

L’intervento, che si è sostanziato nell’inserimento nell’art. 68 del TUIR del nuovo co. 2-bis, recepisce, di fatto, il principio secondo cui la suprema corte, tramite la sentenza del 19.7.2023 n. 21261 e del 25.9.2023 n. 27267, aveva ritenuto discriminatorio il diverso regime fiscale previsto per le società residenti e per le non residenti. 

Il beneficio è subordinato al rispetto dei requisiti:

  • soggettivi, i quali devono essere accertati in capo al cedente.
  • oggettivi, da verificare in capo alla partecipata.

Ambito soggettivo

I requisiti soggettivi perché le plusvalenze accedano all’esenzione prevista dall’art. 68 co. 2-bis del TUIR, da verificare in capo ai cedenti, riguardano:

  • la natura giuridica del cedente: deve trattarsi di una società oppure di un ente commerciale non residente senza stabile organizzazione italiana. È però necessario che tali società ed enti siano soggetti nel proprio Stato di residenza ad un’imposizione fiscale sul reddito;
  • la localizzazione:il beneficio è riservato ai cedenti residenti in Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo (Islanda, Norvegia e Liechtenstein)

Ambito oggettivo

Specificatamente alla partecipazione ceduta, la tassazione nel limite del 5% è subordinata a condizioni che riguardano:

  • l’entità della partecipazione: la tassazione ridotta compete per le sole partecipazioni qualificate di cui all’art. 67 co. 1 lett. c) del TUIR;
  • la natura della partecipata: l’art. 68 co. 2-bis del TUIR esclude dal regime di imposizione limitata sul relativo 5% le plusvalenze riferibili alla partecipazione in società semplici e in società di cui all’art. 68 co. 4 del TUIR ovvero quelle in società a regime fiscale privilegiato secondo i canoni di cui all’art. 47, legati ai livelli di tassazione effettiva o nominale;
  • il possesso dei requisiti previsti dall’art. 87 co. 1 del TUIR i quali vengono di seguito riassunti:
  • ininterrotto possesso della partecipazione dal primo giorno del dodicesimo mese precedente a quello di cessione;
  • classificazione della partecipazione tra le immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;
  • residenza fiscale della partecipata in Stati diversi da quelli a regime privilegiato;
  • esercizio, da parte della partecipata, di imprese commerciali.

Modalità applicative

Anche dopo l’intervento della L. 213/2023, in merito alle plusvalenze in questione, continua a rimanere fermo il principio secondo cui tali hanno natura di reddito diverso e così come previsto dall’art. 5 del DLgs. 461/97 sono soggette all’imposizione sostitutiva del 26%.

Per quanto concerne la determinazione della base imponibile, per la società non residente, segue le regole previste dall’art. 68 co. 6 del TUIR quindi dal corrispettivo si sottrae il costo fiscalmente riconosciuto e la differenza concorre alla formazione dell’imponibile nel limite del 5%.

L’imposizione fiscale netta della plusvalenza è pari all’1,30% il quale rappresenta il 26% calcolato sul 5% del provento.

Compensazione delle minusvalenze

A differenza di quanto avviene nel regime della participation exemption canonica, in cui le minusvalenze realizzate, sulle partecipazioni in possesso dei requisiti per l’esenzione risultano indeducibili, per quanto concerne l’ambito dei redditi diversi per le società non residenti, le medesime, sono deducibili per il 5% del relativo ammontare.

Con ciò ne consegue che:

  • le plusvalenze che la società non residente realizza, se riferite a partecipazioni “esenti”, concorrono alla formazione dell’imponibile per il 5%, e sono sommate algebricamente alle minusvalenze che la stessa società ha realizzato (sempre riferite alle partecipazioni “esenti”), anch’esse nel limite del 5%;
  • qualora le minusvalenze siano superiori alle plusvalenze, l’eccedenza è riportata in deduzione delle plusvalenze realizzate nei periodi successivi, ma non oltre il quarto, assunte nel limite del 5%.

11.   Modifiche al regime transitorio di deducibilità di svalutazioni e perdite su crediti di banche e assicurazioni

Cfr. art. 1 co. 49 – 51

La legge di bilancio modifica nuovamente il regime transitorio di deducibilità, ai fini IRES e IRAP, delle perdite su crediti di banche, società finanziarie e assicurazioni, già oggetto di alcuni interventi nel corso degli ultimi anni.

Nessuna novità invece, per le imprese mercantili, industriali e di servizi diverse da banche e assicurazioni, per cui continua ad applicarsi la disciplina prevista dagli artt. 101 co. 5 e 106 co. 2 del TUIR.

Disciplina in vigore fino alla legge di bilancio 2024

Dal 2015, sono interamente deducibili ai fini IRES nell’esercizio di imputazione a conto economico (art. 106 comma 3 del TUIR):

  • le svalutazioni e le perdite sui crediti (al netto delle rivalutazioni) vantati dagli intermediari finanziari verso la propria clientela (iscritti in bilancio a tale titolo), nonché dalle assicurazioni verso gli assicurati;
  • le perdite sugli stessi crediti derivanti da cessione a titolo oneroso.

Sempre dal 2015, anche ai fini IRAP sono interamente deducibili, nell’esercizio di imputazione a Conto economico (artt. 6 e 7 del D. Lgs. 446/97):

  • in capo agli intermediari finanziari, le rettifiche e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili ai crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo;
  • – in capo alle imprese di assicurazione, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili a crediti nei confronti degli assicurati iscritti in bilancio a tale titolo.

Regime transitorio

Ai fini sia IRES che IRAP, per il 2015 i suddetti componenti reddituali sono risultati deducibili nel limite del 75% del loro ammontare.

L’eccedenza rispetto a tale limite (25%), nonché le rettifiche, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette relative ai suddetti crediti iscritte in bilancio fino al 2014, e non ancora dedotte in base alla precedente disciplina, sono deducibili per (art. 16 commi 4 e 9 del DL 83/2015 e successive modifiche):

  • il 5% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016;
  • l’8% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017;
  • il 12% del relativo ammontare nei periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021;
  • l’8,3% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022;
  • il 18% del relativo ammontare nei periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 e al 31 dicembre 2024;
  • l’11% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025;
  • il 7,7% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026.

Modifiche al regime transitorio

Partendo dal complesso quadro riassunto in modo sintetico nel paragrafo precedente, la legge stabilisce il differimento, in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31.12.2027 e al successivo[3], della deduzione:

  • della quota dell’1% dell’ammontare dei componenti negativi prevista per il periodo d’imposta in corso al 31.12.2024 (2024, per i soggetti “solari”);
  • della quota del 3% dell’ammontare dei componenti negativi prevista per il periodo d’imposta in corso al 31.12.2026 (2026, per i soggetti “solari”).

Per effetto delle predette modifiche, ferme restando, fino al periodo d’imposta in corso al 31.12.2023, le percentuali sopra riportate, le “nuove” soglie di deducibilità sarebbero pari:

  • al 17% dell’importo dei componenti negativi nel periodo d’imposta in corso al 31.12.2024;
  • all’11% dell’importo dei componenti negativi nel periodo d’imposta in corso al 31.12.2025;
  • al 4,7% dell’importo dei componenti negativi nel periodo d’imposta in corso al 31.12.2026;
  • al 2% dell’importo dei componenti negativi nei periodi d’imposta in corso al 31.12.2027 e al 31.12.2028.

Obbligo di ricalcolo degli acconti IRES e IRAP

Viene altresì previsto l’obbligo di ricalcolo degli acconti IRES e IRAP relativi ai periodi d’imposta interessati dalle modifiche.

In particolare, nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo d’imposta in corso al 31.12.2024, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata disapplicando le suddette disposizioni transitorie, limitatamente alla quota dell’1% dell’ammontare dei citati componenti negativi.

12.   Interventi “edilizi” – Aumento della ritenuta sui bonifici “parlanti”

Cfr. art. 1 co. 88

A decorrere dall’1.3.2024 la ritenuta di acconto che viene applicata sui bonifici relativi “ad oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta” subirà un incremento dall’8% all’11%.

Pagamenti sui quali si applica la ritenuta

La ritenuta d’acconto in questione si applica sui pagamenti effettuati con bonifico in “relazione ad oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta”.

La disposizione riguarderà, tra l’altro, il superbonus, di cui all’art. 119 del DL 34/2020, l’ecobonus, di cui all’art. 14 del DL 63/2013, il sismabonus, di cui all’art. 16 del DL 63/2013, il bonus casa 50%, di cui all’art. 16-bis del TUIR, ma anche il c.d. “bonus barriere 75%”, di cui all’art. 119-ter del DL 34/2020.

Si ricorda, che l’obbligo di effettuare la ritenuta è conseguenza del bonifico bancario o postale, mentre, nel caso in cui il pagamento avvenga in altri modi, la ritenuta non si applica.

La ritenuta si applica:

  • a titolo di acconto dell’imposta sul reddito (IRPEF o IRES) dovuta dai beneficiari;
  • con obbligo di rivalsa;
  • all’atto dell’accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti.

13.   Variazione catastale degli immobili oggetto di interventi superbonus

Cfr. art. 1 co. 86 e 87

Con riferimento alle unità immobiliari oggetto di interventi che danno diritto al c.d. superbonus, è consentito all’Agenzia delle Entrate di verificare se sia stata presentata la dichiarazione Docfa, anche al fine di eventuali variazioni della rendita catastale; sono quindi previsti controlli ad hoc in quanto i Docfa dovranno essere conformi ai lavori effettivamente realizzati sugli immobili.

14.   Esenzione IMU per immobili posseduti e utilizzati da enti non commerciali

Cfr. art. 1 co. 71

Con la legge di Bilancio vengono introdotte alcune norme di interpretazione autentica per quanto concerne l’esonero dal versamento dell’IMU per gli immobili posseduti ed utilizzati dagli enti non commerciali ex art. 1 co. 759 lett. g) della L. 160/2019.

Condizioni necessarie

La possibilità di non provvedere al versamento dell’Imposta Municipale Unica (IMU) prevista dall’art. 1 co. 759 lett. g) della L. 160/2019 spetta se sono rispettati entrambi i seguenti requisiti:

  • soggettivo, il soggetto passivo IMU deve qualificarsi come “ente non commerciale” ex art. 73 co. 1 lett. c) del TUIR;
  • oggettivo, ovvero l’immobile, da parte dell’ente non commerciale possessore, dev’essere utilizzato per lo svolgimento delle attività istituzionali così come elencate all’art. 7 co. 1 lett. i) del DLgs. 504/92.

Immobili concessi in comodato

All’art. 1 co. 71 viene specificato che l’esenzione spetta anche per quell’immobile che l’ente non commerciale, di cui è proprietario, lo concede in comodato.

Al fine di poter beneficiare dell’esonero è necessario che:

  • il comodatario sia anch’esso un ente non commerciale, il quale dev’essere funzionalmente o strutturalmente collegato all’ente concedente;
  • l’ente non commerciale comodatario debba svolgere all’interno dell’immobile esclusivamente una delle attività istituzionali così come individuate dall’art. 7 co. 1 lett. i) del DLgs. 504/92, secondo modalità non commerciali.

Esenzione in assenza temporanea delle attività istituzionali

Viene ulteriormente specificato che l’esenzione dall’IMU spetta anche in assenza di esercizio attuale delle attività istituzionali da parte dell’ente non commerciale, purché al contempo:

  • l’immobile risulti comunque strumentale allo svolgimento delle già menzionate attività;
  • il mancato esercizio attuale delle attività istituzionali non determini la cessazione definitiva di tale strumentalità.

15.   Divieto di compensazione per carichi di ruolo scaduti

Cfr. art. 1 co. 94 e 96

L’art. 1 co. 94 lett. b) della L.213/2023 introduce, nell’art. 37 del DL 4.7.2006 n. 223, il nuovo co.49 – quinquies volto a disciplinare uno specifico divieto di compensazione in presenza di carichi di ruolo scaduti.

La previsione normativa

Il divieto di compensazione opera solo a condizione che sussistano:

  • iscrizioni a ruolo per imposte erariali e relativi accessori,
  • accertamenti esecutivi affidati agli agenti della riscossione

per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione per importi complessivamente superiori ad Euro 100.000.

La soglia massima prevista, di conseguenza, deve essere valutata in ottica complessiva quindi qualora:

  • vi dovessero essere più ruoli, occorrerebbe procedere alla somma di tutti i ruoli relativi a imposte erariali;
  • ci siano ruoli e accertamenti esecutivi, ovvero quei carichi affidati alla riscossione, bisogna procedere alla somma di tutti i carichi.

La circ. Agenzia delle Entrate 11.3.2011 n. 13 § 2, sia pure in relazione all’art. 31 co. 1 del DL 78/2010 ha chiarito che rientrano tra gli “accessori” del debito d’imposta iscritto a ruolo:

  • le sanzioni;
  • gli interessi;
  • gli aggi spettanti all’Agente della Riscossione;
  • le altre spese collegate al ruolo, come quelle di notifica della cartella o relative alle procedure esecutive.

Ambito applicativo

Il divieto di compensazione si applica in relazione a tutti i contribuenti quali:

  • persone fisiche;
  • società;
  • enti.

La compensazione vietata, tramite il modello F24, è quella prevista ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97, ovvero si applica alle compensazioni c.d. orizzontali, quindi a quelle riguardanti crediti e debiti di diversa natura.

A titolo di esempio:

  • compensazione del credito IVA per far fronte al versamento delle ritenute IRPEF;
  • utilizzo del credito IRES per versare i contributi INPS.

La restrizione compensativa non viene a prodursi per quelle compensazioni c.d. verticali ovvero quelle che riguardano la stessa imposta.

Ad esempio:

  • credito IVA con IVA a debito da versare;
  • saldo IRES a credito con acconti IRES.

Decorrenza

L’art. 1 co. 96 prevede che le novità si applichino a decorrere dall’1.7.2024.

Alla luce di ciò si può sostenere che il divieto, di conseguenza, operi per quelle compensazioni effettuate successivamente all’1.7.2024

Carichi di ruolo rilevanti e non rilevanti

Ai fini della determinazione della soglia massima rilevano i ruoli e gli accertamenti esecutivi quindi quelle cartelle che sono state affidate all’Agente della Riscossione che riguardano imposte erariali e relativi accessori.

A titolo semplificativo vi rientrano i carichi inerenti:

  • le imposte sui redditi;
  • ritenute alla fonte;
  • imposte sostitutive;
  • addizionali comunali e regionali;
  • IRAP;
  • IVA.

Non rileva la tipologia di ruolo, che può essere ordinario o straordinario, così come la tipologia di iscrizione, che può essere a titolo definitivo o provvisorio.

Non inibiscono la compensazione i debiti fiscali, ancorché relativi a imposte erariali, non ancora iscritti a ruolo come ad esempio:

  • le comunicazioni bonarie;
  • gli avvisi di liquidazione;
  • gli avvisi di recupero dei crediti di imposta;
  • gli accertamenti non esecutivi;

Sono esclusi, dal computo della soglia massima tutti ruoli che riguardano ad esempio:

  • tributi locali;
  • contributi previdenziali;
  • premi INAIL.

Esemplificazione illustrativa

Nell’ipotesi in cui il contribuente abbia carichi di ruolo pari a Euro 150.000 e dispone di Euro 170.000 di crediti compensabili, non sembra percorribile la tesi secondo cui possa compensare solo 20.000 euro. In assenza di provvedimenti di sospensione, l’unica maniera per compensare è estinguere i ruoli, provvedendo al pagamento degli stessi.

Il menzionato divieto non sostituisce l’art. 31 co. 1 del DL 78/2010, che già contempla un divieto di compensazione per ruoli scaduti, circoscritto però ai carichi di ruolo superiori a 1.500 euro.

Contestazione giudiziale dei carichi

La sentenza della Corte tributaria, anche se impugnata o comunque non definitiva, è immediatamente esecutiva quindi inibisce alla radice il divieto di compensazione.

Il divieto di compensazione, invece, sussiste nella misura in cui ci sia stato solo il ricorso e le somme, in ragione degli artt. 14 o 15 del DPR 602/73 o della diversa disciplina di riferimento, sono state iscritte a ruolo o affidate in riscossione, salvo sia stata concessa la sospensiva giudiziale o, eventualità più rara, quella amministrativa ex art. 39 del DPR 602/73.

Dilazione delle somme iscritte a ruolo

Il legislatore ha previsto la necessità di “delimitare temporalmente” il divieto di compensazione, prevedendo che esso riguardi carichi nel complesso superiori a 100.000 euro “per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione”.

Inoltre, è specificato che “la limitazione di cui al periodo precedente cessa a seguito della completa rimozione delle violazioni contestate”.

Tale divieto viene meno se non sono più dovuti pagamenti, con ciò si potrebbe sostenere che l’accoglimento della dilazione delle somme iscritte a ruolo ai sensi dell’art. 19 del DPR 602/73 unito al pagamento della prima rata non faccia venire meno il divieto.

Controlli preventivi

Per il divieto in esame, “Si applicano le disposizioni dei commi 49-ter e 49-quater ai meri fini della verifica delle condizioni di cui al presente comma”.

L’art. 37 co. 49-ter del DL 223/2006 sancisce che l’Agenzia delle Entrate può sospendere, per 30 giorni, l’esecuzione del modello F24 per verificare se sussistono profili di rischio in relazione alle compensazioni.

Ove, all’esito del controllo, il credito risulti correttamente utilizzato, il pagamento si dà per eseguito, fatto che comunque si verifica con lo spirare dei 30 giorni dalla delega in assenza di blocco.

L’art. 15 co. 2-ter del DLgs. 471/97, richiamato dall’art. 37 co. 49-quater del DL 223/2006 prevede una sanzione pari al 5% dell’importo per importi fino a 5.000 euro, o pari a 250 euro per importi superiori a 5.000 euro per ciascun modello F24 scartato, senza cumulo giuridico e continuazione.

16.   Presentazione dei modelli F24 contenenti compensazioni – Obbligo di utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate – Estensione

Cfr. art. 1 co. 94 – 96

L’art. 1 co. 94 lett. a) e 95 della nuova legge di bilancio apportano alcune modifiche al co. 49-bis dell’art. 37 del DL 4.7.2006 n. 223 a all’art. 11 co. 2 del DL 24.4.2014 n. 66 per quanto concerne la presentazione dei modelli F24 contenenti compensazioni.

Estensione generalizzata ai modelli F24 contenenti compensazioni

Il co. 95 dell’art. 1 della L. 2013/2023 sostituisce la lett. a) dell’art. 11 co. 2 del DL 24.4.2014 n. 66 stabilendo che i versamenti di cui all’art. 17 del DLgs 241/97 sono effettuati esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate per la presentazione dei modelli F24 quali:

  • F24 on line;
  • F24 web;
  • F24 intermediari.

Tale obbligo, ai sensi dell’art. 1 co. 94 lett. a) si applica anche ai crediti maturati a titolo di contributi INPS e di premi INAIL.

Viene quindi previsto un obbligo generalizzato di utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate in ogni caso di compensazione.

Esclusione delle compensazioni verticali

Sulla base dei chiarimenti che erano stati forniti in passato dall’Agenzia delle Entrate, anche a seguito delle nuove disposizioni devono ritenersi esclusi dall’obbligo di presentazione tramite i servizi telematici della stessa Agenzia i modelli F24 che espongono compensazioni tra crediti e debiti della stessa imposta c.d. compensazione verticale.

Decorrenza

I nuovi obblighi inerenti alla presentazione dei modelli F24 contenti compensazioni di crediti si applicano a partire dall’1.7.2024 così come previsto dall’art. 1 co. 96 della L.213/2023.

Non ha quindi rilevanza il periodo di maturazione del credito, ma solo la presenza di una compensazione c.d. orizzontale nei modelli F24 presentati a partire dalla data su richiamata.

In relazione ai crediti INPS e INAIL viene però previsto che la decorrenza dell’efficacia, anche progressiva, delle nuove disposizioni e le relative modalità di attuazione, saranno definite con provvedimenti adottati d’intesa dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate e dai direttori generali dell’INPS e dell’INAIL.

17.   Crediti d’imposta per il settore cinematografico – Modifiche alla disciplina

Cfr. art. 1 co. 54

L’art. 1 co. 54 della L.213/2023 ha previsto alcune modifiche alla disciplina dei crediti d’imposta per il cinema di cui agli artt. 15-21 della L. 220/2016.

Imprese di produzione cinematografica e audiovisiva

Dalla norma in esame sono state previste delle modifiche in relazione al credito d’imposta per le imprese di produzione cinematografica e audiovisiva di cui all’art. 15 co. 2 della L. 220/2016.

In particolare, per le opere cinematografiche l’aliquota è ordinariamente prevista nella misura del 40%, fatta salva però la possibilità di stabile, in alternativa:

  • aliquote diverse o escludere l’accesso al credito in base a quanto previsto dall’art. 12 co. 4 lett. b) della L. 220/2016 il quale prevede “in considerazione anche delle risorse disponibili, l’esclusione, ovvero una diversa intensità d’aiuto, di uno o più degli incentivi e contributi previsti dal presente capo, nei confronti delle imprese non indipendenti ovvero nei confronti di imprese non europee”
  • aliquote diverse in relazione alle dimensioni di impresa o gruppi di imprese nonché in relazione a determinati costi eleggibili o soglie di costo eleggibile.

Imprese di esercizio cinematografico

In relazione all’art. 17 della L. 220/2016, per le imprese di esercizio cinematografico è confermato che il credito d’imposta in misura non inferiore al 20% e non superiore al 40% delle spese complessivamente sostenute per:

  • la realizzazione di nuove sale o il ripristino di sale inattive;
  • la ristrutturazione e l’adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche;
  • l’installazione, la ristrutturazione, il rinnovo di impianti, apparecchiature, arredi e servizi accessori delle sale.

Viene inoltre previsto che in favore delle PMI l’aliquota massima del credito d’imposta ex art. 17 co. 1 della L. 220/2016 può essere innalzata fino al 60%.

Potenziamento dell’offerta cinematografica

Il rinnovato art. 18 della L. 220/2016 prevede, al fine di potenziare l’offerta cinematografica e in particolare per favorire le attività e lo sviluppo delle sale cinematografiche, agli esercenti sale cinematografiche il riconoscimento di un credito d’imposta:

  • nella misura massima del 40% dei costi di funzionamento delle sale cinematografiche, se esercitate da grandi imprese;
  • nella misura massima del 60% dei medesimi costi, se esercitate da piccole o medie imprese.

Produzione di opere cinematografiche

Sono esclusi dal credito d’imposta di cui all’art. 20 della L. 220/2016 per le imprese non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo i titolari di reddito di impresa ai fini IRPEF.

Certificazione dei costi

Nell’ambito dei decreti attuativi saranno, tra l’altro, definite le modalità di certificazione dei costi e il regime delle responsabilità dei soggetti incaricati della certificazione dei costi.

Per tali soggetti è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro per ciascuna certificazione infedele rilasciata.

Credito d’imposta massimo onnicomprensivo

Il credito d’imposta massimo onnicomprensivo riferibile al compenso attribuito al singolo soggetto in qualità di regista, sceneggiatore, attore e altra figura professionale indicata nei medesimi decreti non può eccedere l’importo massimo previsto dall’art. 23-ter del DL 201/2011.

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Restiamo a disposizione per ulteriori chiarimenti.

Milano, 11 gennaio 2024

D&B TAX Accounting S.r.l. STP

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Le opinioni ed informazioni contenute nella presente Circolare hanno carattere divulgativo e non esprimono un parere professionale.

Esse non sono pertanto sufficienti per adottare decisioni operative o per assumere impegni di qualsiasi natura.

La proprietà è di D&B TAX ACCOUNTING S.R.L. STP

Per ulteriori approfondimenti potete contattare i professionisti di riferimento:

Dott.ssa Stefania Barsalini – Dottore Commercialista e Revisore Legale

Dott.ssa Elisabetta Lucchini – Dottore Commercialista e Revisore Legale

Dott. Pierpaolo Vodola – Dottore Commercialista e Revisore Legale

Dott. Angelo Piccardi – Dottore Commercialista


[1] In dottrina è stato evidenziato che la seconda parte della norma estende l’irrilevanza reddituale, entro il nuovo limite soglia, delle somme erogate o rimborsate dal datore di lavoro ai dipendenti per il pagamento “degli interessi sul mutuo relativo alla prima casa”, anche laddove non sia stato preventivamente attribuito il benefit sopra detto. Si tratterebbe quindi di una ipotesi nuova e completamente svincolata dal medesimo benefit. In tal caso, non troverebbe applicazione la regola di cui all’art. 51 co. 4 lett. b) del TUIR.

[2] Trattasi principalmente di persone fisiche, società semplici, enti non commerciali e soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia.

[3] In pratica, al 2027 e al 2028 per i soggetti con esercizio “solare”.

 

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